László Moholy-Nagy, «La nuova tipografia»

Silvia Sfligiotti
5 min readFeb 3, 2019

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Die neue Typographie, pubblicato originariamente in Staatliches Bauhaus in Weimar, 1919–23, Monaco di Baviera, 1923

La tipografia è uno strumento di comunicazione.

Deve essere una comunicazione chiara nella forma più persuasiva.

La chiarezza deve essere messa particolarmente in rilievo, perché questa è l’essenza della nostra scrittura, in contrasto con le scritture pittografiche primordiali. Il nostro atteggiamento mentale verso il mondo è individuale-esatto (o meglio, questo atteggiamento individuale-esatto oggi si sta trasformando in collettivo-esatto), ed è in contrasto con gli antichi atteggiamenti individuali-amorfi e successivamente collettivi-amorfi.

Quindi, prima di tutto: chiarezza univoca in tutte le opere tipografiche. La leggibilità — la comunicazione non deve mai soffrire di un’estetica adottata a priori. I caratteri non devono mai essere forzati in una forma predeterminata, ad esempio un quadrato.

La stampa corrisponde al contenuto attraverso la sua configurazione, che è subordinata alle leggi ottiche e psicologiche. La natura e lo scopo della stampa impongono l’uso incondizionato di tutte le direzioni delle linee (cioè non solo la strutturazione orizzontale), di tutti i tipi e le dimensioni di caratteri, forme geometriche, colori, ecc.

Con l’elasticità, la variabilità e la freschezza del materiale di composizione deve nascere un nuovo linguaggio tipografico, il cui uso è soggetto solo ai principi dell’espressione e del suo effetto.

La cosa più importante per la tipografia di oggi è l’uso delle tecniche zincografiche, la realizzazione meccanica di riproduzioni fotografiche in tutti i formati. Ciò che è cominciato con l’inesatta e arcaica scrittura primordiale egiziana, che all’epoca ognuno poteva interpretare secondo la tradizione e le proprie capacità personali, con l’integrazione della fotografia nel processo di stampa odierni arriva ad un’espressione molto esatta. Già oggi esistono libri (per lo più scientifici) con riproduzioni fotografiche, ma le fotografie in essi contenute sono solo spiegazioni secondarie al testo. Lo sviluppo ha superato anche questa fase, e oggi le fotografie — piccole o grandi — vengono sempre più usate nel testo al posto di concetti ed espressioni interpretabili in modo individuale. L’oggettività della fotografia libera la persona ricettiva dalle stampelle di una descrizione personale, obbligandola più che mai a formarsi una propria opinione.

Si potrebbe dire che un tale uso della fotografia debba portare in breve tempo alla sostituzione di una parte sostanziale della letteratura con il cinema. Lo sviluppo sta andando in quella direzione (ad esempio, oggi, grazie all’uso del telefono, si scrivono molte meno lettere che in passato). Non serve obiettare che il cinema abbia bisogno di attrezzature più complesse. È solo apparentemente così; il cinema sarà presto una tecnica comune quanto la stampa di libri.

Un cambiamento altrettanto significativo si ottiene integrando la fotografia nel manifesto. Il manifesto deve avvalersi di tutti i momenti psichici di effetto immediato. Utilizzando correttamente l’apparato fotografico e le varie tecniche fotografiche — ritocco, mascheratura, sovrapposizione, distorsione, ingrandimento, ecc. — si apre il campo di azione più vasto.

Le due nuove possibilità per il manifesto sono 1. la fotografia, grazie alla quale oggi abbiamo a disposizione l’apparato narrativo più grande e impressionante, 2. la tipografia utilizzata in modo contrastante-persuasivo, con le innumerevoli variazioni di una disposizione sorprendente delle lettere, dei caratteri simili o diversi tra loro, materiali tipografici diversi, colori, ecc. a seconda di ciò che l’effetto voluto richiede.

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N.d.r: le parole in corsivo sono quelle che nell’edizione del 1923 erano evidenziate con una spaziatura maggiore dei caratteri.

(Traduzione dal tedesco di Silvia Sfligiotti)

Pagina da «Staatliches Bauhaus in Weimar, 1919–23», catalogo della mostra del 1923 a Weimar

Testo originale tedesco

László Moholy-Nagy, Die neue Typographie, Staatliches Bauhaus in Weimar, 1919–23, München, 1923

Die Typographie ist ein Instrument der Mitteilung.

Sie muß eine klare Mitteilung in der eindringlichsten Form sein.

Die Klarheit muß besonders betont werden, weil dies das Wesen unserer Schrift gegenüber den urzeitlichen Bildschriften ist. Unsere geistige Einstellung zu der Welt ist individuell-exakt (bzw. diese individuell-exakte Einstellung ist heute in der Wandlung zu der kollektiv-exakten), im Gegensatz zu der alten individuell- und später kollektiv-amorphen.

Also zu allererst: eindeutige Klarheit in allen typographischen Werken. Die Lesbarkeit — die Mitteilung darf nie unter Deiner a priori angenommenen Ästhetik leiden. Die Buchstabentypen dürfen nie in eine vorbestimmte Form z. B. Quadrat gezwängt werden.

Der Druck korrespondiere mit dem Inhalt durch seine den optischen und psychischen Gesetzen untergeordnete Gestaltung.

Wesen und Zweck eines Druckes bestimmen den hemmungslosen Gebrauch aller Zeilenrichtungen (also nicht nur horizontale Gliederung), aller Typen, Schriftgrade, geometrischen Formen, Farben usw.

Mit der Elastizität, Variabilität und Frische des Satzmaterials soll eine neue typographische Sprache geschaffen werden, deren Inanspruchnahme nur der Gesetzmäßigkeit des Ausdrucks und seiner Wirkung unterliegt.

Das Wichtigste für die heutige Typographie ist die Verwendung der zinkographischen Techniken, die mechanische Herstellung von photographischen Reproduktionen in allen Formaten. Was die unexakte Urbildschrift der Ägypter begonnen hat, welche damals ein jeder nach Tradition und persönlicher Fähigkeit deuten konnte, führt die Einbeziehung der Photographie in das heutige Druckverfahren zu ganz exaktem Ausdruck. Bücher (meist wissenschaftliche) mit photographischen Reproduktionen existieren heute schon, aber die Photographien sind darin nur sekundäre Erläuterung zu dem Text. Die Entwicklung überwindet auch diese Phase, und die kleinen wie großen Photographien werden in dem Text an die Stelle heute noch immer individuell interpretierbarer Begriffe, Ausdrücke gesetzt. Die Objektivität der Photographie befreit den bisher rezeptiven Menschen z. B. von den Krücken einer persönlichen Beschreibung und er wird zur Formung einer eigenen Meinung mehr gezwungen sein, als je.

Man könnte sagen, daß eine derartige Verwendung der Photographie in kurzer Zeit dazu führen muß, einen wesentlichen Teil der Literatur durch den Film zu ersetzen. Die Entwicklung geht tatsächlich dahin (wie heute z. B. durch den Gebrauch des Telephons viel weniger Briefe geschrieben werden, als früher). Es ist kein Einwand, daß der Film einen größeren Apparat braucht. Dies ist nur scheinbar so; der Film wird bald eine ebenso geläufige Technik sein, wie jetzt der Buchdruck. Eine ebenso wesentliche Veränderung wird durch das Einbeziehen der Photographie bei dem Plakat erzielt. Das Plakat muß alle psychischen Momente des sofortigen Wirkens in Anspruch nehmen. Durch die richtige Verwendung des photographischen Apparates und der verschiedenen photographischen Techniken: Retusche, Decken, Übereinanderkopieren, Verzerrung, Vergrößerung usw. ist der größte Wirkungsbereich geöffnet.

Die zwei neuen Möglichkeiten für das Plakat sind 1. die Photographie, mittels welcher wir heute den größten und frappantesten Erzählungsapparat besitzen, 2. die kontrastierend-eindringlich verwendete Typographie mit den unzähligen Variationen der überraschenden Buchstabenanordnung, der gleichen und gemischten Typen, verschiedenen Satzmaterialien Farben usw. je nach der Forderung der Wirkung.

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Silvia Sfligiotti

Works in visual communication as graphic designer, educator, independent researcher and critic. https://silviasfligiotti.it